Paolo Sollier
Paolo Sollier, mezz’ala, è un centrocampista mascherato da centravanti dal talento indiscutibile, ma soprattutto dal fiato inesauribile, grazie a due polmoni d’acciaio.
Già da piccolo, è una vera e propria diga nella zona nevralgica del campo e non solo, ma anche una fonte inesauribile di gioco. Una costanza di rendimento, la sua, difficilmente riscontrabile non solo nei campi dilettantistici, ma anche sul palcoscenico dei professionisti.
Sempre pronto a dare una mano al compagno in difficoltà, giocatore “totale” nel vero senso del termine: un cursore, come si diceva all’epoca.
Una squadra che – capitanata da Paolo Sollier – vincerà tutto che c’è da vincere nella stagione 1966-67. In piedi da sinistra: D’Angelo, Levizzani, Sollier, Richard, Tetrao, Barbot, Bandiera. Accosciati: Montelli, Parello, Gibin, Di Girolamo, Vendramin, Garbero.
BIOGRAFIA
Gli esordi
Nasce a Chiomonte il 13 Gennaio del 1948 e si trasferisce a Torino con la famiglia solo due anni più tardi.
Selezionato e voluto in squadra dal talent scout Dalla Riva, che lo aveva notato giocare nei prati di Vanchiglietta, diventa una delle pedine fondamentali dell’allora squadra degli Esordienti.
Il talento di Paolo Sollier sboccia subito: durante l’ormai famoso Torneo Ilo Bianchi, si merita la segnalazione come miglior giocatore del Vanchiglia. Dopodiché arriva anche il primo infortunio al ginocchio, che lo costringe ai box per alcuni mesi, prima di tornare più forte di prima a calcare il campo dell’allora Lungo Dora Pietro Colletta.
Nel 1963, la prima grande soddisfazione: la vittoria della Coppa Camerana al Sassi, conquistata il giorno di Pasquetta sotto una pioggia incessante.
In seguito, Sollier dà il meglio di sè indossando la casacca della Juniores Prima Serie e vincendo il titolo torinese e piemontese nel 1966/67. Già punto fermo della Rappresentativa Torinese, nel 1965-66 è inserito nella lista dei migliori 11 giocatori della categoria.
Da qui, la sua carriera procede gradino dopo gradino: Promozione, Serie D, Serie C, Serie B e Serie A.
Nel 1969, viene ingaggiato dalla Cossatese.
Prima di Cossato, però, la sua destinazione è Santa Vittoria d’Alba, dove gioca nella squadra del Cinzano, che disputa il campionato di Promozione.
Arriva nel Roero nell’estate del 1967. Ha già 19 anni ed intanto al Vanchiglia ha giocato praticamente in tutte le categorie, compresa la Prima Squadra: due anni in Promozione, poi il salto in Serie D con la Cossatese, prima di ottenere il primo ingaggio tra i professionisti in Serie C, con la Pro Vercelli allenata da Luciano Sassi.
A Perugia
Siamo nel 1973/74, e a fine stagione Paolo viene arruolato da Ilario Castagner (vecchio amico di Sassi) per il suo Perugia. Per Paolo ancora un salto di categoria (dalla Serie C alla Serie B), ma soprattutto una stagione da incorniciare. Nel 1974/75, infatti, ottiene una storica promozione (la prima in assoluto per i biancorossi) in Serie A, a cui contribuisce segnando sette reti. Gioca da centravanti arretrato (o di manovra che dir si voglia), con la maglia numero nove sulle spalle apre strade che i suoi compagni percorrono con facilità.
È una squadra di quelle che piacciono a Sollier: è un gruppo nel vero senso del termine, in si vince con il collettivo e non con le giocate dei singoli.
Fuori dal coro
A Perugia Sollier diventa suo malgrado un personaggio molto discusso. La barba fitta, i capelli lunghi e l’immancabile saluto con il pugno chiuso prima di ogni partita, portano i media ad etichettarlo come il calciatore comunista, mentre per i tifosi del Grifone diventa più semplicemente Mao. La sua annata in Serie A, probabilmente, non è proprio come se l’era immaginata. Chiuso da Novellino in campo ed assediato dai giornalisti e dai tifosi fuori.
Perugia, poi, è il luogo dove le sue idee si fanno militanza politica.
È un calciatore professionista, ma legge il Quotidiano dei Lavoratori, si informa e aderisce al movimento di sinistra Avanguardia Operaia: è l’opposto dello stereotipo che spesso accompagna i calciatori.
Diventa un’icona, ma anche un estraneo all’interno di un mondo, quello del calcio, dove ormai a contare sono più i soldi che gli uomini. Un calcio che sta per diventare un costante elogio dell’individualismo.
Paolo, invece, già da ragazzo, collaborava con Mani Tese, un’associazione cattolica che aiutava i poveri dell’America Latina. Da sempre, il calcio è solo uno dei tanti impegni della sua vita.
Il suo libro Calci e sputi e colpi di testa, pubblicato da Gammalibri nel 1976, accresce la sua notorietà ma lo rende ancor di più un personaggio fuori dal coro. Il suo pensiero schietto e privo di veli fa infuriare l’oligarchia del calcio, tanto da finire deferito alla Disciplinare della Lega Professionisti per illecito sportivo (per affermazioni lesive dell’immagine dei personaggi oggetto della sua invettiva).
Paolo Sollier diventa uno dei primi calciatori diventati famosi grazie all’esposizione mediatica, ma forse è soltanto uno dei personaggi più veri di un mondo fondato sull’apparenza.
È nel 1976 che, forse non a caso, inizia la sua discesa nelle serie minori.
Il Rimini in Serie B dal 1976 al 1979 (negli ultimi mesi sarà allenato anche da Helenio Herrera), la Pro Vercelli e la Biellese in Serie C, ed il ritorno in quel di Cossato nel 1984-85.
Poi il ritiro e la subitanea avventura come allenatore, vissuta essenzialmente nel panorama dilettantistico, in cui prevale sopravvive ancora quel seme di passione pura, ormai fagocitato dalla mediatizzazione nei piani alti del calcio italiano.