Carlo Parola
Carlo Parola è la punta di diamante dei giocatori che, prima di approdare al professionismo, hanno indossato la maglia del Vanchiglia.
Carlo, detto Carluccio dai suoi amici vanchigliesi e Carletto dagli addetti ai lavori e dagli appassionati, infatti, è stato in grado di valicare i confini della storia del calcio, entrando di diritto nella leggenda.
Foto del campionato 1936-37. Il primo degli accosciati da sinistra è Carlo Parola, la stella della squadra dei Ragazzi del Vanchiglia.
BIOGRAFIA
Dal Vanchiglia alla leggenda
Carlo Parola nasce lo stesso giorno in cui i pionieri del borgo vollero farsi unione sportiva: il 20 settembre (cambia solo l’anno, perché Parola viene al mondo del 1921, anno in cui il Vanchiglia vince il suo primo campionato).
Da giovane, negli anni dell’infanzia trascorsi a Cuneo, il suo sport preferito non è il calcio, ma la disciplina più in voga nell’Italia del tempo: il ciclismo. Trasferitosi a Torino, però, Parola deve per forza di cose convertirsi al gioco del pallone, sport già molto in voga sotto la Mole: «Quando tornai a Torino, insieme ad alcuni amici appassionati, fondai una squadretta che, dal nome del corso adiacente al prato sul quale si giocava, venne chiamata Brianza. Avevo appena dieci anni, ma ricordo che in quella compagine feci di tutto, dal difensore al centravanti, dal mediano all’ala e persino il portiere. La nostra squadretta non tardò a farsi un proprio nome ed ebbe anche i suoi tifosi che, domenicalmente, la seguivano, spingendosi in audaci trasferte magari fino a Porta Susa». (S. Bedeschi, “Carlo Parola”, in ilpalloneracconta.blogspot.com/2007/09/carlo-parola.html.)
Nel 1935, il passaggio al Vanchiglia.
Il suo carisma emerge da subito in tutta la sua evidenza, tanto da permettergli di diventare in poco tempo capitano della squadra giovanile. Al Vanchiglia, Parola non gioca da centromediano, ma copre il ruolo di mezzala o di centravanti. La differenza di cifra tecnica rispetto ai suoi compagni ed agli avversari attira da subito gli sguardi e gli interessi delle due società professionistiche della città: Juventus e Torino.
Sono i bianconeri a chiudere per primi l’affare.
Tuttavia, l’esperienza di Carlo Parola alla Juventus non è proprio come se la immaginava: dalla libertà di esprimersi del Vanchiglia al rigore ed alla disciplina della Juventus il passo è davvero troppo lungo.
Parola decide, così, di fare ritorno a casa, al Vanchiglia.
Lui stesso, in confidenza, qualche anno più tardi, non esitò a confessare: “Tornai al Vanchiglia perché si giocava sempre e non si parlava mai”.
Trovato il tanto desiderato lavoro in Fiat, comunque, Carlo deve lasciare per forza di cose il Vanchiglia, optando per la squadra del Dopolavoro Fiat: è qui che si scopre centromediano, grazie alle sue doti tecniche e la sua personalità, oltre allo stile e alla precisione.
Per alcuni anni la squadra del Dopolavoro Fiat diventa la sua squadra e le sirene di altre società più blasonate restano soltanto un’eco lontana.
Il successo in bianconero
La svolta avviene durante una partita tra il Dopolavoro Fiat ed una seconda squadra della Juventus, valevole per il campionato di seconda divisione.
Parola gioca una gara fantastica, incantando i presenti: fra questi, c’è un certo Umberto Caligaris.
Uno che si è ritirato da poco, non prima di aver vinto cinque scudetti con la Juventus, un titolo mondiale con la Nazionale italiana (di cui fu anche capitano) e aver formato, insieme al portiere Gianpiero Combi e il compagno di reparto Virginio Rosetta, una delle linee difensive più solide ed invalicabili che il calcio del Bel Paese abbia mai conosciuto.
Caligaris si innamora letteralmente di un non ancora diciottenne Parola, che rientra alla Juve dalla porta principale: è il 1939.
Con la Juventus vince due scudetti (1949-50 e 1951-52), indossandone la maglia 334 volte fino al passaggio alla Lazio nel 1954. Qui rimane una sola stagione, ritirandosi a 34 anni nel 1955.
Da quel momento, Parola inizia l’avventura da allenatore, che lo porta sulla panchina di diverse squadre, dall’Anconitana al Livorno, al Napoli, e al Novara. Nel suo destino c’è sempre la Juve, con cui vince lo scudetto nel 1974.
Oltre il campo
Durante la carriera, Carlo Parola venne soprannominato Nuccio Gauloises (il copyright è di Giovanni Arpino) da colleghi e appassionati, che presero spunto dalla marca di sigarette che era solito fumare.
Nell’immaginario collettivo, Parola è, però, soprattutto il calciatore della rovesciata raffigurata dagli anni Cinquanta ad oggi sulla copertina del famoso Album di figurine dei calciatori edito dalla Panini.
Rimase sempre un amico sincero del Vanchiglia.
Prova ne è la sua partecipazione alla festa per il conseguimento da parte del Vanchiglia della Stella d’Argento al Merito Sportivo (1979), cui presenziò volentieri, ricordando i bei tempi passati, quando al Vanchiglia si giocava sempre senza parlare mai (proprio come piaceva a lui).
Morì nel 2000, dopo una lunga malattia.